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riflessione venerdì santo 2014

RIFLESSIONE DEL VENERDÌ SANTO 2014 AL TERMINE DELLA VIA CRUCIS

Cosa abbiamo fatto questa sera?

Abbiamo in qualche modo percorso tornando indietro il cammino che 39 volte nel 2011, 34 volte nel 2012, 41 volte nel 2013, e già 11 volte in quest’anno, abbiamo vissuto nell’altro senso: questa sera dal sepolcro al cenacolo; di solito, nel funerale, dal cenacolo al sepolcro

Ciò che oggi e in questi giorni celebriamo nei segni, e riferiamo soprattutto a Cristo, lo celebriamo nella realtà per noi e per i nostri fratelli

La pasqua non è su un altro piano rispetto alla nostra vita, vicino magari, ma parallelo; lo interseca invece, lo incrocia e lo modifica, lo trasforma, gli cambia il senso donando la speranza a chi vive il momento del dolore e della sofferenza

Quali legami troviamo tra il cammino di questa sera e quello che percorriamo nel funerale? Quali insegnamenti prendiamo da qui per trasportali nella vita e per aiutarci a comprendere il senso di ciò che di solito viviamo, ma con meno lucidità, per comprenderne il senso?

Ci sono alcuni elementi comuni, presenti sia nella celebrazione di questa sera, sia nella vita quando viviamo l’esperienza del dolore e della morte. Abbiamo celebrato la VIA CRUCIS, ricordando la strada percorsa da Gesù verso il Calvario, ma tante volte sperimentiamo questa via dolorosa anche per noi stessi e per le persone che accompagniamo, soprattutto quando siamo vicini ai genitori anziani, agli ammalati, e quanti non sono più autosufficienti …

Una realtà comune è il senso della vita di fronte alla morte: può sembrare scontato quello di Cristo: muore per i nostri peccati e risorge per la nostra salvezza, entra così in una vita senza fine. Anche per noi si realizza questa esperienza di chiusura e apertura: chiudiamo questa prima esistenza, quella terrena; prima ma non unica; infatti la morte è il passaggio verso la nuova e definitiva esistenza; come la pausa dopo il primo tempo di gioco, per entrare nella parte finale della gara, in una partita di cui siamo certamente vincitori se giochiamo dalla parte di Gesù

Siamo poi insieme: la morte ci rende ancora più fratelli; è esperienza di tutti, giovani e anziani, ricchi e poveri, con successo o avendo vissuto nell’ombra, credenti e non credenti. Oggi insieme per celebrare la morte di Gesù; con il desiderio di non essere lasciati soli nella morte dei nostri familiari e nella nostra…

Ci sono, infine, alcune figure comuni nella vicenda di Gesù e nella nostra:

            il Cireneo: uno straniero, un africano, aiuta Gesù; ma anche nella nostra vita troviamo dei Cirenei: sono quanti ci aiutano a portare la croce, standoci vicini e anche pregando per noi perché passiamo dalla morte alla vita piena

            Maria: sta salda, pur nel dolore infinito, sotto la croce del suo figlio; noi la invochiamo ogni giorno e forse più volte perché preghi “per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”, la donna forte e fedele, vicina alla Croce del figlio e vicina alla nostra croce, perché dalla Croce piantata sul Golgota siamo affidati a lei come figli

                        La folla, c’è tanta folla, varia e variopinta vicino a Gesù, a piangere per lui e a offenderlo, a condividere il suo dolore come anche a chiedere la sua morte…; c’è una comunità che si fa vicina ad ognuno almeno nel momento del dolore, e non ci lascia soli quando intraprendiamo l’ultimo cammino

A ben pensarci non siamo i primi a fare questo cammino a ritroso; e non dico degli anni passati; dobbiamo tornare molto più indietro per ritrovare il cammino di altri credenti (più o meno convinti) che hanno percorso la strada dal cimitero al cenacolo:

si tratta di Maria, delle donne (le chiamiamo “pie donne”), Giovanni e forse anche Giuseppe d’Arimatea; sono tornati nel cenacolo dopo la provvisoria sepoltura di Gesù perché stavano per accendersi le luci del sabato, “ed era solenne quel sabato” ci ricorda l’evangelista; tornano che la luce si sta spegnendo, sia perché il sole è al suo tramonto e incombe la notte, ma soprattutto perché su di loro incombe la notte del dolore: Gesù, il figlio di Maria, l’amico e maestro degli altri, è stato ucciso e ora giace in una tomba, in attesa che, passato il sabato, sia unto con gli aromi, tra cui la mirra, e gli si dia definitiva sepoltura

ma altre donne, le stesse in realtà (il vangelo non ci parla di Maria, la madre, ma in particolare ci dice di Maria di Magdala) che andate al sepolcro all’alba de primo giorno della settimana ne ritornano meravigliate e spaventate e portano una notizia: la tomba è vuota

e da quel momento è un continuo andare e tornare, una strada che porta dal cenacolo al sepolcro: Pietro e l’altro discepolo che vanno a vedere e poi tornano a confermare le voci delle donne; ma anche Cleopa e l’altro che erano in cammino verso Emmaus – più che altro una triste marcia di ritirata – e tornano di sera tardi a dire “abbiamo incontrato il Signore, è Risorto”; il vero viaggio l’hanno fatto nel loro cuore: dalla tristezza e rassegnazione che li portavano a rinunciare, sono giunti alla gioia e all’entusiasmo che li hanno resi annunciatori della pasqua

un andare e venire:

            nel cenacolo (la chiesa dove celebriamo il memoriale della pasqua) spezziamo il pane, non solo il giorno del funerale, ma soprattutto ogni domenica; ogni domenica per la liturgia è pasqua, è la pasqua settimanale

            al cimitero, dove ci rechiamo a trovare i nostri cari e a ripensare con loro alla loro vita ma anche a quella di Gesù e scoprire che come lui è risorto dai morti così risorgeranno anche loro; se non avviene entro tre giorni, ciò non significa che non sia vero anche per loro; un giorno il volto del Risorto illuminerà e trasfigurerà anche il volto amato dei nostri cari, quel volto che sembra spento dalla morte

cosa abbiamo fatto questa sera?

Non una parentesi di fede che lascia fuori la vita quotidiana; non una celebrazione tradizionale che rimane muta di fronte alle domande della nostra vita di tutti i giorni

Abbiamo annunciato che le nostre domande più profonde e più inquietanti hanno una risposta, e sono risolte da colui che ha sì riposato per qualche tempo nel sepolcro, ma soprattutto ha liberato in esso un potenza infinita che apre i sepolcri di tutti gli uomini, ugualmente figli di Dio, ugualmente chiamati alla salvezza, ugualmente destinati alla piena e definitiva vittoria della risurrezione, la vittoria della vita sul peccato e sulla morte

Sul peccato prima, perché per vincere la paura della morte è necessario vincere quanto ci fa sentire lontani da Dio, ce lo fa avvertire come estraneo, o apparire come giudice severo

Abbiamo celebrato la fede che dona senso alla vita, che spalanca porte che altrimenti sono chiuse ad ogni uomo

Abbiamo detto che la morte non è l’ultima parola scritta sulla storia dei nostri fratelli, perché continueremo questo andirivieni: nella chiesa a pregare davanti al Cristo Crocifisso e poi attorno al fuoco da cui accenderemo il cero pasquale,

La piccola fiamma illuminerà progressivamente le due chiese: l’edificio in cui siamo e soprattutto la comunità che noi formiamo, non solo quando ci troviamo qui riuniti, ma anche uscendo da questa e vivendo le domande di tutti i nostri fratelli, avremo con noi anche le risposte, perché come le donne abbiamo percorso la strada dalla tomba al cenacolo, abbiamo svuotato il cuore della tristezza per lasciare il posto alla gioia, il canto del lamento si spegne per lasciar spazio al canto dell’Alleluia; infatti colui che hanno crocifisso ed è stato posto nel sepolcro, ci rimane solo qualche istante; lui è il Vivente!

Cosa abbiamo fatto questa sera? Abbiamo celebrato la vittoria della Vita sulla morte, del Vivente e di tutti viventi che sono i suoi fratelli, che siamo noi!